lunedì 25 ottobre 2010

Disoccupato in affitto: la ricerca di lavoro diventa un documentario

 
Roma, estate 2010. Parte da qui la video avventura di Pietro Mereu, sardo di nascita che si trasferisce  a Roma per lavoro, ma che il lavoro lo perde e si ritrova gioco forza in grande difficoltà, con l’affitto che gli pesa a tal punto da non riuscire più ad arrivare a fine mese. La vana ricerca di un occupazione lo sfinisce a tal punto da inventarsi un’autoironica maniera per “promuovere la sua candidatura” da un lato, e far luce su una condizione che ormai in Italia sta diventando molto più drammatica di quanto ci si sarebbe potuti immaginare, dall’altro.
Prende così vita il film documentario dal titolo Disoccupato in affitto, di Luca Merloni e Pietro Mereu, interamente autoprodotto e realizzato in giro per l’Italia nelle città di Roma, Firenze, Lecce, Cagliari, Genova, Bologna, Verona, Napoli, Milano.

Il soggetto è molto semplice, sta proprio qui la genialità: un uomo con un cartellone/sandwich addosso,con su la scritta “Disoccupato in affitto”, che vagabonda per le strade delle varie città proponendosi ai passanti per qualsiasi tipo di lavoro e lasciando foglietti con il suo recapito ed i suoi contatti. Costantemente filmato, prende spunto dagli incontri che gli capita di fare per discutere del gravoso problema della disoccupazione in Italia con gli italiani stessi; alla ricerca di un commento, di una soluzione, di un’offerta di lavoro o a volte anche solo di una pacca sulla spalla. Sono in tanti quelli che capiscono la drammaticità della sua (e di quella di tanti altri giovani!) situazione e quasi tutti quando si propone come tuttofare da assumere rispondono : “Magari. Se avessi lavoro da dare te lo darei”.
 
L’idea è ripresa dalla storia di un ventiquattrenne inglese, David Lowe, che si racconta esser stato il primo illustre disoccupato (con una laurea in storia alle spalle, ndr) a girovagare per le strade di Londra con un sandwich di cartone addosso recante la scritta “Job Wanted”; il giovane grazie a questa brillante operazione di “self marketing” è riuscito anche a farsi assumere.
Quella di questi due ragazzi, tra l’altro ancora in cerca di sponsor per la distribuzione, è una rivisitazione filmata e documentata di questa bizzarra iniziativa, con l’intento di vedere se una trovata del genere possa aver successo anche nel nostro paese.
 
Dietro il simpatico gioco messo in scena attraverso la maschera del cartellone si nasconde però un problema serissimo che la gente che si vede nel docu/film conosce bene: è apprezzata l’inventiva del ragazzo, c’è tanta comprensione ma c’è anche, e soprattutto, tanta consapevolezza di triste impotenza dietro una richiesta apparentemente lecita ma praticamente impossibile da soddisfare. La disoccupazione è infatti diventata uno dei mali peggiori del nostro secolo; lo dicono i dati Istat, lo dicono le impietose percentuali che vengono ciclicamente aggiornate sulle pagine economiche dei quotidiani e purtroppo lo dicono anche i tantissimi ragazzi che ogni mese fanno i salti mortali per permettersi un affitto. Nell’era dei “falsi contratti”, delle collaborazioni occasionali, del lavoro sommerso e di quello  in nero, il sentimento che più caratterizza la generazione che Massimo Venier definiva “1000 euro” sta diventando la disperazione. Disperazione che questi due ragazzi riescono magistralmente a trasformare in qualcosa di creativo, a tratti divertente (grazie agli interventi di alcuni personaggi che quasi sembrano dei caratteristi) ma anche di costruttivo, perché alla fine del documentario si tireranno un po’ le somme e si cercherà di stilare un resoconto sul livello occupazionale di un paese che per il momento è in crisi profonda.
 
Il documentario dura in tutto 75 minuti ed è accompagnato dalle musiche dei The Niro. Per il momento è online il primo episodio, girato a Roma, ma speriamo di vedere presto il resto del viaggio anche per sapere se ci sarà o meno il lieto fine.
 

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