mercoledì 23 marzo 2011

Dall'online all'offline Mastercard alla mano

Cosa c’è di meglio di una bella festa a sorpresa?…e cosa c’è di più pratico e semplice che organizzare il tutto online?!


Proprio per questo fine settimana io sto organizzando una festa a sorpresa, per di più a tema, per una mia carissima amica e mi sto rendendo conto in prima persona di quanto possa essere “macchinoso” pensare a tutto. Rintracciare i vecchi compagni di scuola (sono sicuro che le farà piacere!!!), mettersi d’accordo per chi va a comprare il regalo ed in più pensare a cosa proporre per il tema e convincere tutti ad andarlo a comprare!


Per questo mi ha colpito questo nuovo spot di Mastercard, originale nel riproporre ogni volta in modo simpatico e stimolante lo slogan:” ci sono cose che non si possono comprare, per tutto il resto c’è Matercard”.






Questa volta si gioca sul contrasto online/offline ed i quattro protagonisti riescono in un “batter di click” ad organizzare un’improvvisata al festeggiato partendo ognuno da una città diversa e comprando tutto online: prenotano il volo, acquistano delle magliette colorate, noleggiano un auto ed arrivano fino a destinazione facendo una sorpresa al festeggiato di turno. Ed il tutto sembra davvero “easy”!!!

Ed ecco che qui mi è scattata l’idea: visto che con i preparativi siamo ancora in alto mare, manderò una mail a tutti con il link di un negozio on line che vende parrucche…invitando ognuno a scegliere la sua e ad indossarla all’appuntamento per la sorpresa…chissà che faccia farà la festeggiata quando vedrà i suoi vecchi compagni di liceo imparruccati!!!

Forse le feste a sorpresa nell’era del web 2.0 sono davvero più facili da organizzare rispetto a quelle “telefono alla mano”…certo tutto sta ad avere una buona idea ed una carta come Mastercard per tutte le cose che si possono comprare!!!

Però alla fine è il risultato offline quello che conta,
speriamo bene!

martedì 8 marzo 2011

Nivea For Men: Cassano For Ever...


Fantasisti di tutto il mondo, unitevi (e filmatevi)!!!


Se fate parte di quella schiera di appassionati di calcio che preferisce il bel gioco, la tecnica, la fantasia e la creatività (ebbene si anche con un pallone tra i pedi si può essere creativi!!!) allora Nivea For Men sta lanciando una proposta fatta ad hoc per voi.

Esatto perché il gioco del calcio è fatto si di preparazione atletica, tattica e mentale, ma i veri campioni, quelli che entrano (e non ne escono mai) nella storia sono quelli che palla al piede sono uno spettacolo da guardare. Le cosiddette "giocate che da sole valgono il biglietto" sono le uniche vere emozioni che un vero appassionato di questo magnifico gioco ricorda per sempre. 

Chi non ricorda, ad esempio, il riscaldamento di un mostro sacro del pallone come Diego Armando Maradona, sicuramente il più forte giocatore di tutti i tempi, durante il prepartita di Napoli - Bayern Monaco qualche decina di anni fa: il numero 10 argentino palleggiò a ritmo di musica entusiasmando i tifosi presenti allo stadio, che quella scena, nonostante si trattasse solo di riscaldamento, se la ricorderanno per sempre.

Ecco Nivea sta cercando più o meno un fenomeno del genere! Tranquilli non vi sta chiedendo di fare esattamente quello che faceva "el pibe de oro", ma semplicemente di mettervi alla prova con un pallone (o, perché no, con qualsiasi altro oggetto!) e filmare una vostra "sessione" di palleggi. 

Testimonial di questa campagna, che vi permetterà di vedere proiettate le vostre prodezze nientepopodimeno che sul maxischermo di San Siro durante una partita di campionato (ci sarà una giuria di maxi esperti presieduta da Franco Baresi e Daniele Massaro a decretare i vincitori), è un'altro giocatore che con la palla ci fa davvero di tutto: Antonio Cassano.

Sicuramente anche il gioiello di Bari vecchia è uno di quelli che preferiscono la fantasia…sarà forse questo il motivo per cui i suoi tifosi lo chiamano simpaticamente Fantantonio!!!
Allora che cosa aspettate?…armatevi di videocamera, pallone o quant'altro e iniziate a palleggiare anche voi, proprio come fece Maradona alla vigilia di quella sfida europea! 
Iscrivetevi alla community di www.barsport.com e caricate il vostro video, potreste essere voi i vincitori ed intrattenere il pubblico dello stadio con le vostre giocate!!!











Unknown: fuga verso se stessi



“E’ una specie di guerra combattuta tra quello che ti dicono che sei e quello che tu sai di essere”. Questa frase, con cui il protagonista spiega quello che secondo lui è la pazzia, descrive la trama di un thriller dal sapore inquieto e psicologico. La sceneggiatura non sarà delle più originali (diverse sono infatti le pellicole che trattano il tema dello scambio di persona/personalità e dell’identità violata), ma c’è da dire che se si è alla ricerca di un film in cui i colpi di scena non mancano allora la sala nel maxicinema di turno è indubbiamente quella giusta.



Unknown – senza identità, per la regia di Jaume Collet-Serra, ha forse il difetto di partire troppo spedito, catapultandoci in neanche mezz’ora in una serie di eventi a dir poco assurdi se sommati insieme: piccoli particolari che torneranno utili ai fini della comprensione di un disegno narrativo ben preciso, vengono però gettati in maniera troppo precipitosa (sarà per via del rinnovato mood degli action/thriller movie!). Fatto sta che (quello che si pensa essere) il dottor Martin Harris, interpretato da Liam Neeson, nelle prime ore successive all’atterraggio a Berlino, dove si reca con la moglie Liz (January Jones) per un congresso sulle biotecnologie, diventa protagonista di alcune sospette disavventure: smarrisce una valigetta importantissima, si vede cancellare una prenotazione in un albergo a causa di problemi di sicurezza, resta vittima di un incidente in taxi, entra in coma e al suo risveglio scopre, rifiutandosi però di credere, che la moglie è in realtà sposata con un’altra persona e non vuole saperne di riconoscerlo.
Ecco: se si riesce a proseguire nella visione del film senza che questa risulti compromessa dal cosiddetto “troppo che storpia”, allora il resto è davvero ben fatto e si vedranno ricomporre i tasselli che in un primo momento ci sembravano inspiegabili (ed esagerate!) coincidenze in una parabola di eventi che ci terranno con il fiato sospeso, fino a scoprire il paradosso nel paradosso riguardo la vera identità del protagonista.
Il regista alla fine riesce a rendere alla perfezione l’idea dello spaesamento e dell’incertezza punti chiave del romanzo da cui il film è tratto, Fuori di me di Didier Van Cauwelaert: solo il pubblico già abituato a perdite di memoria dal retrogusto di spy-story ed “appropriazioni indebite” di identità altrui (vedi ad esempio The Bourne Identity) riesce a non pensare neanche per un attimo che forse il protagonista sia pazzo per davvero, e questo a livello registico è già una formidabile conquista; con la complicità delle inquietanti ambientazioni, è perfetta la grigia e freddissima Berlino, e delle numerose scene di inseguimento e lotta , ecco che l’unica certezza che ci rimane è chiamare il protagonista con il suo vero nome: Liam Neeson.

sabato 5 marzo 2011

The Fighter: la vera storia di Micky Ward

La boxe. Un tema carissimo al cinema internazionale, rivisitato a tal punto che riuscirne a fare un film interessante ed allo stesso tempo originale è diventata un’impresa davvero ardua. E’ il tema attorno a cui ruota The Fighter, per la regia di David O. Russell, che va però al di sopra di ogni aspettativa, coniugando magistralmente il lato sportivo tutto sudore e lividi a quello personale/familiare più problematico e controverso.
 La chiave sta tutta nel prendere le (forse) più comuni storie del cinema di questo genere e affiancarle come due linee parallele dal verso opposto. Due storie pugilistiche che scorrono vicine in una trama narrativa gestita in modo semplice ma attento. Uno, Dicky Eklund (Christian Bale,  Oscar come miglior attore non protagonista), ormai quarantenne e tossicodipendente, ha preso la sua vita (e carriera) e l’ha gettata al fiume dopo aver battuto nientemeno che Sugar Ray Leonard, uno dei più forti e famosi pugili dell’epoca. L’altro, il fratellastro più piccolo Micky Ward (Mark Whalberg), ha invece un’esagerata fame di vittoria, un po’ per evadere dalla routine della vita di Lowell, cittadina del Massachussets dove entrambi vivono, un po’ per riscattare le delusioni patite dal fratello maggiore.
A tarpare le ali di “Irish” Micky Ward però ci sono proprio i suoi familiari, soprattutto la madre (sua manager improvvisata), le sorelle e Dicky, colpevoli di adagiarsi sugli allori di una quasi grande carriera e di non saper gestire il talento e la voglia di fare del nuovo boxeur di famiglia. La parte del film in cui lo spettatore entra nei panni del giovane Irish e ne percepisce le frustrazioni e la delusione per la mancanza di attenzione e professionalità nei suoi confronti è il valore aggiunto che la pellicola regala agli amanti dei film di questo genere; ed è impressionante come per magia Charlene, la “ragazza del bar accanto” (interpretata da Amy Adams) della quale Micky s’innamorerà, arrivi in soccorso del protagonista esternando quello che lui non ha il coraggio o la forza di sostenere, cioè che per andare avanti senza incassare troppe delusioni dovrà staccarsi dalla sua ossessiva famiglia.
Diverse altre vicende porteranno Micky a partire da zero, con incontri improvvisati e rimediati dal suo nuovo agente, fino ad arrivare a giocarsi il titolo mondiale. Qui torna in scena l’importanza dell’affetto familiare reso tangibile dai consigli che fin da bambino Micky apprendeva dal fratello e che porta con sé incontro dopo incontro. Il match per il titolo sarà la scusa per un riavvicinamento generale di tutta la famiglia e l’occasione per vivere tutti insieme quell’emozione che Dicky non era riuscito a dare.
“The Fighter è una storia che parla della famiglia, dell’amore, dei rapporti e del superamento delle avversità. E’ una storia tanto potente quanto eccitante”, ha affermato Wahlberg. Il protagonista, nonché produttore, ha insistito molto per prendere parte a questo progetto, forse proprio perché si rivedeva nella condizione di sofferenza riscattata che il suo personaggio vive. In effetti il ring altro non è che una metafora delle dure situazioni contro le quali la vita ci spinge, faccia a faccia, e la sfida di ognuno è forse proprio non finire k.o. O comunque rialzarsi e ripartire dall’incontro successivo.