martedì 21 dicembre 2010

RCL: Ridotte capacità lavorative. La risposta di Pomigliano ad Avatar.


RCL.
E’ la sigla che indica una categoria di lavoratori con problemi fisici, come ad esempio discopatie e tendiniti, legati ad anni di servizio in condizioni di lavoro al limite del sostenibile.
E’ il titolo di un docufilm che racconta le vicende degli stabilimenti Fiat di Pomigliano d’Arco all’indomani di un referendum  riguardante proprio le condizioni di lavoro, proposto dalla dirigenza della Fiat ai lavoratori delle catene di montaggio.
 E’ una storia che ha per protagonisti dei semplici lavoratori, degli operai del settore metalmeccanico, alcuni dei quali in cassa integrazione e altri comunque in precarie condizioni lavorative, che hanno visto mettere ai voti la dignità umana sul posto di lavoro,  vedendosi costretti a scendere a patti con un nuovo modello imprenditoriale proposto da Sergio Marchionne, amministratore delegato dei gruppi Fiat e Chrysler, che forse nemmeno immagina cosa voglia dire far parte di una catena di montaggio.
Quello che il protagonista narrante Paolo Rossi cerca di raccontare è l’incubo ad occhi aperti che stanno vivendo migliaia di operai di uno degli stabilimenti italiani che più rappresenta lo sviluppo industriale e le sue dure leggi. In un paese dove la “grande fabbrica” è arrivata, anni fa, incarnando un solido modello economico appoggiato da garanzie statali , un’opportunità di rilancio di un paese del sud Italia e una solida alternativa al solo settore agricolo che dominava prima dell’avvento dell’industria.
Ideato da Alessandro Di Rienzo e diretto da Massimiliano Carboni, Rcl è il tentativo di mettere in scena quello che Paolo Rossi stesso definisce “surrealismo civile”, ovvero situazioni che superano talmente tanto il confine dell’accettabile da divenire quasi una storia di fantascienza. Sbarcati nella desolata stazione di Pomigliano, Paolo Rossi e la sua troupe, di chiaro stampo “Brancaleoniano”, cercano del materiale per un fantomatico film che dovrà raccontare le vicende dei lavoratori delle catene di montaggio ed il loro difficile rapporto con uno dei mestieri più duri ed alienanti del nostro secolo; rapporto messo ancor più a dura prova dalle condizioni in cui questi metalmeccanici sono costretti a lavorare.
Nell’intento di immedesimarsi nella situazione di Pomigliano (un paese dove addirittura i nomi delle strade inneggiano al Po, all’Alfa Romeo e a Torino) il nostro narratore scambierà interessanti “chiacchierate” con il sindaco, con un prete, con dei sindacalisti dal dente avvelenato ed ovviamente con dei lavoratori, ed arriverà alla conclusione che il suo film potrà avere solo una connotazione di tipo fantascientifico, visto che le storie che gli vengono raccontate hanno poco a che fare con una vita normale. Progetta così “la risposta di Pomigliano ad Avatar”, in un turbinio di situazioni iper-reali, che servono però a dar risalto alla condizione operaia del Mezzogiorno, dove,  più poeticamente che insensatamente, le famiglie in cassa integrazione non rinunciano nemmeno a mettere al mondo nuove “creature”. Chissà che non portino avanti dure lotte sindacaliste proprio per garantire ai loro figli condizioni migliori di quelle che ora sono costretti a sopportare. Eccola la realtà.

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