lunedì 14 maggio 2012

Baron Cohen: un dittatore che farà parlare

Sessista. Maschilista. Razzista. Politicamente scorretto. Sacha Baron Cohen, l’attore che ha scandalizzato l’America recitando nei panni del giornalista antisemita Borat e del parrucchiere gay Brüno, sta per tornare. 


Da pochi giorni in rete con i primi trailer, e al cinema dal 15 giugno con Il dittatore, Cohen stavolta ha messo nel mirino della sua satira le dittature militari dell’Asia e del Nord Africa. «Liberamente ispirato» a Zabibah and The King, il libro scritto da Saddam Hussein, Il dittatore mescola riferimenti a molti altri discussi capi di stato mondiali: dal leader siriano Bashar al-Assad allo yemenita Anwar al-Awlaki, fino all’esplicito richiamo a Muammar Gheddafi, da cui Cohen copia abito e look del personaggio, un dittatore salito al potere a 7 anni e arricchitosi con il petrolio.
Già vietato ai minori di 16 anni per «contenuto e linguaggio volgare, nudi maschili e scene violente», Il dittatore racconta la storia dell’immaginario Generale Aladeen, atterrato negli Stati Uniti per un meeting alle Nazioni Unite ma improvvisamente tradito dal suo braccio destro, che lo rimpiazza con un sosia.
«In pratica è l’eroica storia di un dittatore che mette a repentaglio la sua vita - dice Cohen - per assicurarsi che la democrazia non metta radici nel paese che opprime con amore». Ambientato nello «stato canaglia» della Repubblica di Wadiya, e girato dallo stesso regista di Borat e Brüno tra Spagna e America, Il dittatore sarà il primo film di Cohen a utilizzare anche attori noti come Megan Fox, nella parte di se stessa, e Ben Kingsley. Nella pellicola anche spezzoni di veri tg, con involontari protagonisti come Barack Obama e il primo Ministro inglese David Cameron, i cui recenti discorsi contro Gheddafi aprono il film, o il Segretario di Stato Hillary Clinton immortalata mentre condanna il leader siriano. Vestito da Generale Aladeen, Cohen si è presentato a febbraio sul tappeto rosso degli Oscar, dove ha salutato i presenti al grido di «Morte all’Occidente». Respinto all’ingresso, ha mostrato a tutti un’urna funebre: «Sono le ceneri di Kim Jong-il: il suo ultimo desiderio è essere calpestato dai tacchi di Halle Berry» ha detto, rimandando l’incidente diplomatico. A giugno, appunto.

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