venerdì 18 maggio 2012

Scompare un'altre stella. Donna Summer, forse la regina della disco music

La corista gospel che si trasformò in pantera da discoteca. Dalle odi al Signore a uno sfrontatissimo, ininterrotto orgasmo musicale. La storia di LaDonna Andre Gaines, per gli amici Donna Summer, è quella di una soul sister futurista. Capace di abbattere ogni barriera, musicale e di costume, con un solo sospiro o un passo di danza. Perché con lei il ballo si è riappropriato della sua funzione primordiale, di linguaggio del corpo, di libertà e di abbandono. Un’estasi dei sensi.
Nata la notte di San Silvestro del 1948 a Boston, inizia presto a cantare in chiesa. Quindi, la lunga gavetta, fino allo sbarco in Europa, dove partecipa come ballerina al musical Hair. Qui trova la sua imprevedibile seconda patria: la Germania. Si sposa con un tedesco, Helmut Sommer e sceglie come nome d’arte proprio il suo cognome, tradotto in inglese o storpiato per errore, a seconda delle leggende. Ma è un altro l’incontro-chiave per le sue sorti musicali: quello con Giorgio Moroder. Il genio italico della disco-music la sceglie come musa ideale per i suoi esperimenti. Il cuore soul della Motown impiantato nelle sagome robotiche dei synth. La fusione fredda tra la passionalità black americana e il battito gelido dell’elettronica tedesca. Cinque album cruciali per la storia della dance, di allora e degli anni a venire, dal 1974 al 1977. Numeri uno in classifica, contratti milionari e il contagio mondiale di quella febbre del sabato sera che poi i Bee Gees avrebbero portato al trionfo.
La disco-music è il rifugio edonista dei giovani, dopo gli anni della contestazione e delle tensioni sociali. Ma è anche un linguaggio nuovo, universale e anticonformista, che accomuna i neri, che l’hanno inventata, e i bianchi, che la ballano in pista. Ma lei, Donna Summer, lunghe gambe affusolate e sguardo felino, ha una marcia in più. Sa usare tutte le tonalità delle sue corde vocali e tutte le curve del suo fisico mozzafiato. Dopo The Hostage, il suo primo hit, si supera nei 17 minuti di orgasmi simulati di Love To Love You Baby: una voce di velluto che bisbiglia piaceri inimmaginabili. Non basterà la censura delle radio a frenarne l’ascesa.
E poi I Feel Love, con quel solo, prolungato e sensualissimo verso e il synth a pulsare sullo sfondo. Hot Stuff, l’altro riempipista ad alto tasso erotico, sarà recuperato 18 anni dopo, per la colonna sonora di Full Monty. Donna non teme neanche il confronto con l’ugola di Barbra Streisand nel duetto di No More Tears (Enough Is Enough). Poi la rottura con Moroder, all’inizio degli 80’s, e il lento declino. Inframezzato da qualche residuo hit e dai premi (5 Grammy). Ricordarla come la regina della disco-music è limitativo. È stata una regina e basta.

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